S La testimonianza escatologica |
Premessa -- La scomparsa dell' "orizzonte escatologico" -- Escatologia vissuta
Partiamo da una premessa ormai quasi universalmente conosciuta e riconosciuta: cioè che Padre Pio debba essere considerato come uno straordinario personaggio carismatico che, tra la fine del Secondo e l'inizio del Terzo Millennio, ha suscitato e continua a suscitare un'attenzione parimente straordinaria. Intendiamo personaggio carismatico in senso generico, senza voler subito specificare in che cosa consista il suo particolare carisma, anche perché, come diremo subito, non è sempre agevole definire a breve distanza di tempo la peculiarità del carisma di cui è caricato ed "incaricato" un uomo nella Chiesa di Cristo. Né bisogna mai dimenticare che un autentico carisma ha sempre anche il compito di edificare il corpo di Cristo, che è la Chiesa, rinforzandolo nelle membra già esistenti e favorendone l'accrescimento con il potenziale innesto di altri uomini disposti ad accettare la verità e grazia di Dio.
[Padre Pio - BG p.25-17] |
Il potere di discernere la genuità del carisma non coincide con la capacità di intuirne subito o addirittura in anticipo la specifica missione in un determinato contesto temporale. Molto spesso, come affiora dalla storia della Chiesa, la destinazione esatta di un carisma già concesso può risultare per un certo tempo difficilmente decifrabile, non solo ai destinatari contemporanei ma anche allo stesso carismatico.
Un autentico carisma, infatti, proprio perché carisma, non nasce dalla carne o dal sangue e neppure dallo spirito di chi ne è dotato, ma, come tutto ciò che è generato dallo Spirito di Dio, è percepito un po' come il vento, che "soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va" (Gv 3, 8). E non di rado accade che i primi a trarne vantaggio siano proprio quei semplici di cuore, ai quali quel dono soprannaturale è diretto sicché proprio loro, che più ne hanno bisogno, l'accolgano con intuizione limpida e cuore sincero, mentre l'istituzione cerca più o meno faticosamente di discernere qualità e portata di quel dono che viene dall'alto.
La scomparsa dell' "orizzonte escatologico"
Non pretendiamo, quindi, di voler definire in modo netto e completo la natura e i caratteri specifici di quel fenomeno carismatico che circola nel mondo sotto il nome di Padre Pio, anzi ormai del Santo Padre Pio. Crediamo però che sia non solo permesso, ma anche raccomandabile, se - anche a rischio di erroneo fraintendimento- si tenta un primo approccio tra il carisma di Padre Pio e i bisogni dell'uomo del nostro tempo. Domandiamoci: esiste qualche carenza spirituale urgente, che l'uomo d'oggi avverte, seppure incosciamente, e alla quale la vicenda terrena di Padre Pio possa offrire un conforto e una speranza, mediante una testimonianza convincente?
La Conferenza Episcopale Italiana, in un recente documento, domandandosi come "Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia", già nell'Introduzione denuncia una delle carenze più tipiche e preoccupanti del nostro tempo, con queste testuali parole: "È offuscato se non addirittura scomparso nella nostra cultura l'orizzonte escatologico, l'idea che la storia abbia una direzione, che sia incamminata verso una pienezza che va al di là di essa. Tale eclissi si manifesta a volte negli stessi ambienti ecclesiali, se è vero che a fatica si trovano le parole per parlare delle realtà ultime e della vita eterna" (1) .
Come è chiaro, non si tratta di una deficienza accidentale o periferica. Ne va della sostanza stessa della vita umana. E' un' eclissi che oscura non soltanto il mondo dei "lontani", imprigionati in un mondo ridotto alle pure e semplici dimensioni euclidee, ma che si estende, almeno parzialmente, anche al mondo degli ascoltatori (Gc 1, 22) e dei ministri della Parola (At 6, 4).
nella via del Signore e non tormentate il vostro spirito." [Padre Pio - BG p.67-18] |
A questo punto ci domandiamo: esistono dati e circostanze che, con qualche probabilità, ci permettano di porre in relazione il carisma di Padre Pio con questa "scomparsa dell'orizzonte escatologico" dell'uomo comtemporaneo? La risposta può essere affermativa, a nostro parere.
Prima ancora di esaminare gli scritti del frate Cappuccino, basta riferirsi ad dato esterno, incontestabile ma difficilmente spiegabile, cioè allo straordinario "fascino" che Padre Pio da Pietrelcina esercita sul mondo contemporaneo.
Nessuna strategia organizzativa o propagantistica, nessuna ventata di religiosità esaltata, nessuna ricerca di favori unicamente o anche prevalentemente terreni è in grado di spiegare adeguatamente questo continuo, crescente interesse e fiducia nel Frate confinato in un povero convento del Gargano.
Chi si recava, lui vivente, o tuttora si reca a San Giovanni Rotondo, avverte, più o meno chiaramente, il contatto con un "altra realtà", frutto non di suggestione o di sola riflessione teologica o di predicazione, ma di una sperimentazione diretta - diretta per quanto lo può essere a noi viatori - di quell' "altro mondo" che è, o dovrebbe essere, il mondo reale e consistente per ogni cristiano e per ogni vero uomo. A nostro avviso, per una conoscenza più realistica e fondata circa la natura e la funzione ecclesiale del suo carisma, forse può essere utile metterne in rilievo appunto la dimensione escatologica.
Un testimone dell'escatologia cristiana
Già ad un primo esame risulta che, dell'escatologia cristana, Padre Pio non è un semplice predicatore ma un autentico testimone. Certo, di Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso egli, come ogni buon religioso, parla e scrive. Ma non sono tanto le sue parole o i suoi scritti - quasi sempre lettere, non trattati (2) - che hanno permesso a milioni e milioni dei suoi e nostri contemporanei di scorgere un altro orizzonte sulla loro e sulla nostra vita. In certo senso, e fatte le debite proporzioni, è avvenuto in lui qualcosa che Paolo poteva dire di sé scrivendo ai Corinzi: "Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza" (I Cor 2, 3-4).
Padre Pio ha reso presente l'orizzonte escatologico, e ciò in stile tipicamente cristiano. L'escatologia cristiana, infatti, si caratterizza, rispetto a quella delle altre religioni, ed in parte rispetto allo stesso Vecchio Testamento, per il fatto di ammettere non solo realtà, verità ed eventi che avverrano dopo la fine di questo mondo, ma annuncia nel suo messaggio fondamentale che con l'evento Cristo, morto e risorto, noi siamo già entrati nello stadio definitivo, sebbene non concluso, del nostro autentico futuro ( 3). Limitarsi a ricercare e calcolare affannosamente segni e presagi degli ultimi giorni, dimenticando quello che è già avvenuto, significa ricadere in una mentalità precristiana, se non addirittura intramondana e pagana, come purtroppo si constata abbastanza di frequente nel nostro mondo, e non solo in quello dei non credenti.
Padre Pio non indugia in calcoli circa la fine di questo mondo, né si fa carico di una predicazione intensiva delle ultime realtà, sulle orme di alcuni grandi santi nella Chiesa, vissuti però in epoche ben diverse dalla nostra. Egli, in maniera a volte inconsapevole e contrariata (spiegherò più avanti il significato di questi termini) rappresenta in se stesso e nella sua vita la realtà convincente ed avvincente dell'altro mondo.
Si potrà obiettare che, in fondo, ogni vero cristiano, e più ancora ogni santo, assolve in qualche modo questo compito, ed in certo senso è vero. Ma lo stesso annuncio può avere ed ha, nella storia della Chiesa, intensità, toni e modulazioni differenti, a seconda dei bisogni reali e mutevoli di coloro ai quali il messaggio è diretto. Ci sono momenti della storia, come il nostro, in cui lo Spirito vuol raggiungere non solo i "puri di cuore", ma anche coloro - e sono tantissimi - ai quali l'interferenza mondana di una certa cultura pre- o postcristiana altera la genuinità del messaggio trasmesso circa la vera destinazione di questo nostro mondo. Ci sembra che proprio questo si sia verificato, e speriamo che continuerà a verificarsi, nel caso del carisma di Padre Pio.
(16 giugno 2002) |
Cerchiamone qualche conferma. Paradossalmente, la prima conferma si può desumere proprio dall' iniziale e sofferta e contrastata reazione di Padre Pio a ciò che avviene di straordinario in lui. Alle prime avvisaglie dei doni interiori, e più tardi con la comparsa delle stimmate, Padre Pio manifesta, si direbbe, una reazione di pudore insofferente. Il giovane Cappuccino, che volontariamente ha scelto una vita di nascondimento, di preghiera e di penitenza, ha orrore al pensiero che la sua vita di unione con Dio possa essere in qualche modo esposta agli occhi del mondo. Questa reazione, largamente presente nel suo epistolario, raggiunge a volte toni talmente drammatici da fargli invocare la fine dell'esilio terreno, e rivelando il candido smarrimento del beneficiato, costituisce uno degli indizi più convincenti circa l'autenticità e la destinazione del suo carisma.
Nella storia, infatti, è quasi regola costante che in un primo momento (e può trattarsi di un momento piuttosto lungo) il vero carismatico non afferra la direzione e la specificità del suo carisma, e solo più tardi riesce a percepire la finalità di quei doni straordinari, che vengono impartiti dall'Alto soprattutto in vista del bene "comune" del Corpo mistico di Cristo. In Benedetto di Norcia, Francesco d'Assisi o Ignazio di Loyola - insieme a tanti altri - si ripete il fenomeno di uomini credenti e purificati, chiaramente dotati di doni non ordinari, che per un lungo periodo cercano di trovare il posto che il Signore ha disposto per loro nella Sua vigna, e che quasi sempre non corrisponde a quello che essi, affidandosi alle loro idee e preferenze, d'altronde non riprovevoli, avevano previsto e progettato per il loro avvenire.
Già nelle relazioni delle due prime visioni antecedenti la sua entrata in convento, il giovane frate di Pietrelcina, "astretto in virtù di santa ubbidienza", narra come la sua anima "fu subitamente rapita dai sensi e portata a mirare coll'occhio dell'intelligenza oggetti diversi da quelli che si vedono con gli occhi del corpo" (4 ). L'intera narrazione evoca argomenti chiaramente escatologici, come la rappresentazione drammatica della lotta che egli dovrà combattere contro le forze dell'inferno, e che sarà premiata con una corona di gloria da parte dell' "uomo maestoso" (5). Lo scenario è ben diverso da una pacifica e gioiosa visione paradisiaca. Degna di nota è la sua candida confessione: "Il significato della sua riferita visione - egli scrive - venne compreso da quest'anima, ma non chiaramente".
In una seconda visione, "pochi giorni innanzi che entrasse in religione... fulmineamente comprese che la... entrata in religione per dedicarsi al servizio del celeste Monarca altro non era che di esporsi alla lotta con quel misterioso uomo d'inferno con il quale aveva sostenuto la battaglia nella visione precedente" (6). Da tutto l'insieme appare chiaro che il giovane religioso, in quelle visioni straordinarie, legge un futuro che riguarda la sua anima e non sospetta neppure lontanamente che quell'esperienza debba poter avere una portata più ampia ed una dimensione "esteriore", per il bene della Chiesa.
Il caso seguente, che impronterà tutta la sua vita fino a poche ore dalla morte, è il dono delle Stimmate. Ed è qui che scoppia per il giovane religioso un dramma interiore enormemente più tormentoso ed ineluttabile. Egli si spaventa e, prevedendo che le stimmate potranno "esporlo" all'occhio dissacrante del mondo, pregherà che tutto si consumi in un dolore interno o - se ciò non è possibile - che egli possa congiungersi con Cristo mediante la morte. E, nella sua profonda umiltà, non sembra concepire che proprio di quella "ostensione" lo Spirito si servirà per riaffermare la sua presenza in questo mondo, e già ora, prima della fine di esso.
In questo contesto non si sottolinea mai sufficientemente l'importanza e la congruenza delle stimmate nell'ambito del carisma di Padre Pio. Le stimmate non vanno interpretate soltanto o soprattutto come il dono straordinario dall'alto per premiare i meriti di un santo frate, ma rappresentano e continueranno a rappresentare, per milioni e milioni di uomini, il "segno" incontestabile di una realtà superiore: la realtà escatologica, appunto. Sì, perché non bisogna dimenticare che le prime ferite di quel genere furono le prove convincenti della Risurrezione del Signore, cioè del definivo ingresso nel nostro mondo delle realtà ultime, cioè dell' escatologia cristiana.
Escatologia vissuta
Quel che sorprende, in Padre Pio, è il suo stile interiore di vivere le realtà escatologiche. Dicevamo che egli, più che parlarne, ne dà testimonianza. Ma è giusto ed interessante rilevarne anche lo stile con cui egli vive quelle realtà. Sorprende, ad esempio, il modo con cui egli affronta nella vita l'argomento Morte. Lungi dalle descrizioni terrificanti dei predicatori secenteschi, egli parla, desidera ed invoca la morte con accenti che richiamano da vicino quelli del suo autore e Maestro preferito, Paolo. La morte comporta per lui, come per l'Apostolo, un guadagno, la possibilità beatificante di essere definitivamente con Cristo. Quando, angosciato da quelle ferite che minacciano di "scoprirlo" al mondo, egli arriverà a chiedere il permesso d'implorare la morte, solo la saggezza e la preveggenza dei Superiori potrà imporgliene l'irremovibile divieto, facendogli balenare la possibilità di un aiuto per i fratelli in cammino.
Il Giudizio è da lui vissuto come un avvenimento totalmente futuro, al quale tuttavia bisogna convenientemente prepararsi . Ed anche qui, nello spirito del Discorso escatologico del Maestro, egli sentirà l'impulso ad opere grandiose di carità per i poveri e soprattutto per i malati.
Le realtà escatologiche del Paradiso e dell'Inferno, egli non le contempla o descrive tanto nella loro fase definitiva, ma le vive nel suo intimo conducendo, assistito da Dio, una lotta diuturna e terribile contro Satana e le sue potenze. Ed è proprio questa lotta che inevitabilmente, nonostante tutti i suoi sforzi contrari, lo costringe ad uscire fuori dal sacrario interiore, divenendo una delle testimonianze più diafane per i credenti e più inquietanti per tanta parte della cultura contemporanea, colpevolmente indifferente non solo per ciò che l'aspetta nel futuro assoluto, ma per quello che si svolge sotto i suoi occhi.
In questo senso Padre Pio può essere definito un testimone escatologico. Un testimone eccellente, che lo Spirito costringe a testimoniare di fronte al mondo, anche quando egli, per sentimento di umiltà o di indegnità, vorrebbe sottrarsi alla notorietà che ogni testimonianza inevitabilmente comporta. Lo costringe attraverso una serie di fenomeni umanamente sconcertanti ed inspiegabili. Si pensi alle continue infermità fisiche, che nessuna scienza di questo mondo è riuscita non dico a guarire, ma neppure a saper diagnosticare.
Infermità che hanno però avuto la funzione di imporre, ad una generazione malata di positivismo, i segni di una realtà che sta all'origine e alla fine di questo mondo. Alle infermità più tardi si aggiungeranno, come si è detto, le stimmate, ovvero i segni della Passione e della Risurrezione, i segni degli eschata. A quel punto al Frate riservato ed amante del nascondimento non resterà che abbracciare la Croce, pesante e beatificante, del pubblico martirio, e cioè della sua lunga, sofferta, contrastata, ma straordinariamente persuasiva testimonianza escatologica.
Solo lentamente, dopo decenni di scetticismo, di offese e di persecuzioni contro questo "servo buono e fedele", ci stiamo rendendo conto dell'immenso servizio che egli ha reso e continuerà a rendere agli uomini della nostra epoca e di quelle future.
* * * * *
La sintesi più illuminante ed autorevole della testimonianza escatologica di Padre Pio, la troviamo formulata splendidamente con le parole di Paolo, testimone escatologico per antonomasia nell'Areopago: "Dopo essere passato sopra ai tempi dell'ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi, poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti la prova sicura col risuscitarlo dai morti" (At 17, 30-31).
Note
1. Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorale dell'Episcopato Italiano per il primo decennio del 2000, Ed.Dehoniane, Bologna 2001, p.6.
2. Per un primo contatto con i testi che più esplicitamente trattano i temi classici dei Novissimi si possono consultare gli Indici analitici dei volumi dell'EPISTOLARIO. In particolare: per l'argomento Morte: Vol. I, p.1303; Vol. II, p. 639 sotto la voce Paolo Apostolo, dove molto significativamente viene espresso il desiderio della patria celeste, in una impressionante consonanza, terminologica e teologica, con la dottrina esperienziale dell'Apostolo circa il desiderio di essere con Cristo e la necessità di aiutare i fratelli sulla terra; per l'argomento Giudizio: Vol. I, pp. 476-477; circa i temi collegati con l' Inferno gioverà consultare le voci Demonio, Diavolo, Satana: Vol. I, pp.1291-1292; Vol. II, p. 632; Vol. III, p.1110; Vol. IV, p.1132.
3. Sull'argomento cfr: G.GOZZELINO, Nell'attesa della beata speranza. Saggio di escatologia cristiana, Leumann (Torino) 1993, pp. 21-24; L.MORALDI, L'al di là dell'uomo nelle civiltà babilonese, egizia, greca, latina, ebraica, cristiana, e mussulmana, Milano 1985.
4. PIO DA PIETRELCINA, Epistolario, vol. I, p.1280. Il grassetto è mio, come nelle altre citazioni.
5. Ibid., pp.1281-1284.
6. Ibid., pp.1282-1283.
Questo articolo è pubblicato nella rivista "Studi su Padre Pio", 3 (2002), n.1.
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